venerdì 21 dicembre 2018

Dell'alba osserva il primo baglior

Questo giorno, o per meglio dire questi giorni (21 dicembre, Solstizio d’Inverno; 21 giugno, Solstizio d’Estate), hanno sempre rappresentato per noi e la nostra Comunità due momenti di particolare importanza.
L’abitudine di festeggiare i solstizi è a dir poco antica quanto l’Europa: fin dai tempi più remoti, infatti, il 21 di dicembre ed il 21 di giugno hanno rappresentato per gli uomini due momenti di altissimo coinvolgimento spirituale e di profonda devozione. Per i nostri avi, il Solstizio d’Inverno era sinonimo del periodo più duro dell’anno: le giornate erano fredde e corte, il lavoro nei campi era più che mai duro e faticoso.
Le divinità solari sembravano avere abbandonato gli uomini, mentre quelle oscure, che governano le tenebre, erano quanto mai presenti. La notte fra il 21 ed il 22 dicembre (la notte del Solstizio d’Inverno) è la più lunga dell’anno: il sole sembra non trovare la forza per tornare a splendere e a riscaldare la Terra e per questo, fin dall’antichità più remota, gli uomini erano soliti vegliare l’intera notte, accendendo fuochi e pregando affinchè il sole trovasse nuovamente la forza per sconfiggere le tenebre.
Il Solstizio d’Estate rappresenta l’esatto contrario: le giornate sono più lunghe e calde ed anche per i nostri avi la vita era più facile, addolcita dai frutti che la terra dava loro come retribuzione per il sudore e la fatica spesi nel corso della stagione fredda. La notte del Solstizio d’Estate (tra il 21 ed il 22 di giugno) era, presso le antiche comunità, notte di festa, di baldoria e di saluto festoso al sole al quale si levava il ringraziamento per aver illuminato e riscaldato la terra fino ad allora.
Per noi oggi ovviamente il significato del Solstizio non è più quello che assumeva presso i nostri avi, primi abitanti del vecchio continente, ma ha una valenza profondamente differente.
Il Solstizio è vissuto dalla Comunità come momento di massimo coinvolgimento spirituale, come attimo di riscoperta di tutto quanto c’è attorno a noi di non materiale. Nel giorno del solstizio occorre dimenticare tutto quanto fa parte della nostra esistenza moderna e materiale: cellulare, televisione, internet, scuola, università, lavoro e pensare solo a ricreare il legame (inscindibile, ma troppo spesso ignorato) fra noi, i nostri avi, le nostre radici, le nostre tradizioni, la nostra parte non materiale.
Il Solstizio è il momento in cui la Comunità si ritrova e riscopre quel legame spirituale che la rende entità unica. Oggi ognuno dimentica il proprio ruolo che quotidianamente riveste nella società, ma dimentica anche la propria dimensione politica. Al Solstizio non si ritrovano nè un gruppo di amici, nè un movimento politico, ma una fratellanza di uomini intenzionati a non dimenticare di essere tali.
Tutti i giorni infatti siamo abituati ad essere qualcosa di diverso dall’essere “uomini”: siamo studenti o lavoratori durante il giorno, figli o fratelli a casa, amici in compagnia, telespettatori davanti alla TV, clienti nei negozi e nei supermercati, giovani in società, militanti quando ci ritroviamo nelle nostre sedi politiche; ma colui che ambisce ad essere un “uomo nuovo differenziato” deve anche trovare il tempo, di tanto in tanto, di ricordare a sè stesso che prima di tutto questo egli è un “uomo”. La festività del Solstizio carica di tutto il suo alone al tempo stesso mistico, spirituale e fantastico incarna alla perfezione il momento in cui, con piacere, ci distacchiamo dalla quotidianità per immergersi in una giornata dedicata unicamente alla conoscenza di noi stessi.
Buon Solstizio d'Inverno splendida gente della mia compagnia.


Il Presidente
Gianni Massai

lunedì 25 novembre 2013

25 novembre: giornata mondiale contro la violenza sulle donne


Avanti ragazzi! Ce la farete!



Esprimiamo la nostra solidarietà e la nostra umana vicinanza al meraviglioso popolo sardo, colpito da una catastrofe che ci auguriamo non sia quella a cui sia condannata l'Italia tutta. Avanti ragazzi, non è finita, ce la farete!

venerdì 1 novembre 2013

Careggi chiede l'ok per il cambio di sesso nei bambini


Careggi chiede il via libera alla Regione Toscana per il cambio di sesso nei bambini. Noi diciamo no. Questa volta si è superato il limite della decenza e del buon senso.


Il Presidente
Gianni Massai

Priebke: sconcerto e disgusto

martedi 15 ottobre

Dopo tutto il chiacchiericcio mediatico a cui ho assistito esprimo anche io la mia opinione sulla morte dell'ex capitano delle SS Erich Priebke.
Con le sue esequie celebrate, in forma privatissima, nella cappella della Fraternità San Pio X di Albano anche Priebke ha quasi ultimato il suo viaggio terreno. Al rito funebre officiato dai padri lefebvriani, cattolici tradizionalisti, anche in questo senso andati in collisione con la Chiesa ufficiale e in particolare con il Vicariato che aveva negato - fulgido esempio di pietas cristiana - i funerali in una chiesa di Roma, seguirà soltanto la scelta definitiva del luogo dove la sua salma riposerà in eterno. Forse un'urna, se i familiari o chi per loro faranno richiesta di dispensa dall'inumazione.
I sentimenti predominanti in questi giorni dopo la sua morte per lo spettacolo macabro e grottesco (parole di Cacciari) messo in onda dai suoi nemici viventi sono lo sconcerto e il disgusto.
Quando non si ha rispetto per la morte, chiunque essa colpisca, non si ha rispetto nemmeno per se stessi. Non è mia volontà censurare o biasimare chi mette in discussione le opere, la vita di chiunque altro: nessuno lo vieta. Ma nessuno può - o almeno non dovrebbe - vietare biasimo, affetto, odio o amore e anche su Priebke è normale che si possa esprimere un giudizio, qualunque esso sia: negativo, postivo, neutrale. Ma non si può, né si deve - se si è parte della comunità degli esseri umani - vilipendere un morto. E' vergognoso.
Anche queste poche righe vogliono rispettare i morti. Non solo Priebke, ma anche i civili falciati nella rappresaglia alle Fosse Ardeatine e nell'attentato vigliacco di via Rasella, all'origine di questa tragedia che sembra ancora non debba vedere la parola fine.


Il Presidente
Gianni Massai

Viviamo dentro una bolla di ipocrisia

martedi 1 ottobre

Nel documento finanziario presentato il 20 settembre da Letta e dal suo ministro dell'Economia si legge chiaro e tondo che siamo in coda alla ripresa europea, mentre il terzo trimestre ha visto una crescita della ricchezza dei paesi euro superiore alle previsioni. L'Italia insomma va esattamente nella direzione opposta e contraria, il Pil è peggiorato rispetto a quanto preventivato. E non si venga a dire che sono stati i tassi di interesse,perché il nostro sforamento del deficit dipende per il 75 per cento dalla congiuntura economica. La situazione quindi è che il Pil cresce di meno e di conseguenze gli introiti fiscali, mentre la spesa pubblica fa sempre il suo sporco dovere: cioè sale.

In queste ore gli stessi che ci raccontavano dell'inutilità di abolire l'Imu adesso si dicono preoccupati che per la crisi di governo saremo costretti a pagare la seconda rata a dicembre. Preoccupazione legittima, ma che proviene dagli stessi che ci avrebbero fatto pagare sia la seconda sia la prima. Ma fateci il piacere.
Si dice, ed è vero, che da oggi per colpa di B. e dei suoi ministri aumenterà l'Iva, l''alternativa però era quella di compensare la tenuta sull'Iva con l'aumento della benzina: sai che risultato. Cambiate il nome, ma sempre di tassa si tratta. A tutti i nostri maestri del pensiero che si stracciano le vesti per la crisi di governo vorrei fare una domanda secca: quale azienda del mondo è oggi in grado di assumere a tempo indeterminato decine di migliaia di dipendenti? La risposta è semplice, è la nostra pubblica amministrazione, complice le manovre messe in piedi da questo governo.

Ma andiamo avanti e pensiamo all'economia reale. Vi sembra normale che la nostra più importante industria pesante (l'Ilva) sia di fatto commissariata e non in grado di lavorare appieno? È normale che il commissario europeo e spagnolo abbia imposto ad una nostra banca (la terza per dimensioni) la ricerca di risorse doppie rispetto al previsto? Quando ad esempio nella stessa Spagna le medesime banche, con ben maggiori guai, se la sono cavate con un prestito europeo, pagato anche dai contribuenti italiani? E' forse colpa della crisi di governo se Telecom e Alitalia stanno per essere acquisite da gruppi stranieri? Ma poi gli stessi che ritrovano interesse a giorni alterni per il nostro peso in Europa, non sono i medesimi che vorrebbero politiche protezionistiche?

Viviamo in una gigantesca bolla di ipocrisia. Si preannuncia l'arrivo delle cavallette su quel che resta del raccolto economico italiano. Ma è una balla. Come lo era quella dello spread, calato solo per l'intervento di Mario Draghi. L'economia italiana ha bisogno di uno choc e non saranno quattro mosse di buon senso messe in campo da un governo democristiano a procurarlo. Come non sarà una crisi di governo a peggiorare la nostra condizione. Il vero punto di domanda piuttosto è un altro. Davvero si crede che nuove elezioni creino una maggioranza tale da poter dare una sferzata al nostro molle e timido corpaccione statale? È un dubbio legittimo. Mentre è una certezza che con questo governo di larghe intese non si va da nessuna parte.


Il Presidente
Gianni Massai

Corro al supermercato

domenica 29 settembre

C’è una cosa che farò in futuro: quella di guardare attentamente sugli scaffali del supermercato nel settore pasta e appena possibile acquistare la pasta Barilla. Non perché sia un esperto di qualità e prezzi, tutt’altro, ma piuttosto perché in qualche modo devo premiare una persona che, a differenza della massa, dice quello che pensa. Invece, la massa, (a volte) pensa ma non dice, o dice quel che dicono gli altri a patto che gli altri siano in tanti. Gli altri in pochi si snobbano. Una volta questo atteggiamento sarebbe stato chiamato viltà, oggi invece si dice politically correct.

Barilla si è limitato a dire che i suoi spot pubblicitari, quelli della famiglia felice fatta di mamma, papà e bimbi sorridenti, non potranno subire una mutazione e prevedere papà, papà e bimbi felici, o mamma, mamma e bimbi felici, o papà (che fa la mamma), mamma (che fa il papà) e bimbi felici. In TV sarà come la prevede la natura e come non la prevedono – nella loro testa pericolante – la maggioranza di tutti quei sepolcri imbiancati che, per darsi un tono sui giornali e disquisire con i fessi che li frequentano davanti all’aperitivo del Just Cavalli, attaccano le affermazioni di Barilla come idee razziste, fasciste e chissà che cos’altro.

Poi getto uno sguardo al telegiornale e mi accorgo che devo nuovamente andare al supermercato. Sento che Barilla, italiano postbellico fino in fondo, ha ritrattato. Chiede scusa ed afferma che deve studiare di più, deve prendere cognizione della presunta ”evoluzione della famiglia”. Un armistizio, in fondo, ma un armistizio – more solito – che prevede un nuovo alleato (che era il nemico) ed un nuovo nemico (che era alleato). Riceverà infatti una delegazione di gay e farà pace davanti ad uno spaghetto.

Che delusione! Corro subito al supermercato. Ci sarà un produttore di risotti deciso a non rendersi ridicolo e a stare zitto?


Il Presidente
Gianni Massai

Tempo di falchi? No. Di quaglie

mercoledi 18 settembre

Vedo che nel panorama politico nazionale abbondano i falchi, ma mancano purtroppo i falconieri che li comandino, che gli diano la giusta direzione. E' l'ennesima dimostrazione della debolezza di una classe politica poco pratica a percorrere strategie più lunghe di qualche settimana. Si recita a soggetto e il soggetto dura pure poco.
Il PD non vede l'ora che arrivi il ricalcolo milanese per non avere il compito di premere il grilletto contro il governo Letta, mentre il PdL sa la realtà e l'incontrovertibilità di una condanna, ma non riesce ad accettarla. In mezzo ai due c'è l'Italia. E ci troviamo con un governo che nessuno ha la forza di far cadere ma che in pochi avranno interesse a tenere in piedi, un governo che, alla resa dei conti, non governa e campa di rinvii continui.
Sono tempi di pavidi questi, tempi di mezzucci, tempi di mezze calzette. Più che dei falchi insomma è il momento delle quaglie. 


Il Presidente
Gianni Massai

Al capolinea della povertà e del degrado

giovedi 12 settembre

Siamo giunti al capolinea? Forse, ma non è detto che il precipizio sociale, economico e politico sia davvero arrivato. Il tentativo o la volontà di chi non vuol vedere è di far credere che la fermata del capolinea si trovi un po’ più in là. E’ triste vedere il nostro Paese non più in grado di garantire l’ascensore sociale attraverso lo studio e soprattutto il lavoro: ci si trova ormai poveri ancor prima di cominciare e senza speranza di progettualità della propria vita, a meno di scegliere la via dell’illegalità, ma anche in questo campo c’è parecchia concorrenza vista la forte presenza di immigrati. Si è ormai considerati poveri pur lavorando (quando si ha la fortuna di trovare una occupazione), perché l’offerta è sempre più al ribasso. Insomma, prendere o lasciare. Di chi è la colpa di questo sfacelo sociale? Probabilmente della globalizzazione, ma soprattutto dei Paesi che hanno rinunciato alla loro sovranità monetaria, economica e politica.
E il caso dell’Italia che ha aderito all’euro è emblematico. Non solo ci ha ridotto salari e pretese di dignità di vita ma ci ha portato in dote scippi, furti, borseggi, omicidi, spaccio, aggressioni a mano armata nelle ville e prostituzione alla luce del sole. Abbiamo già la nostra criminalità, perché importarne altra? Nessuno vuol impedire alla gente di muoversi da un paese all’altro in cerca di una vita migliore ma questo non deve portare all’azzeramento della vita degli altri. L’insicurezza e il degrado sono in costante crescita, soprattutto nelle grandi città. Di chi è la colpa? Logicamente della classe politica inadeguata che nel 2002 ci ha fatto questo “regalo” ed i risultati, dopo 11 anni di euro-cura, sono sotto gli occhi di tutti: retribuzioni miserrime, precarietà che ci accompagna fino alla vecchiaia e scivolamento verso il degrado e l’insicurezza. Al contrario per gli autori di questo sfacelo sociale la pacchia continua, tra un privilegio e l’altro: stipendi niente male, auto blu, scorte-badanti e vacanze a 5 stelle. Le colpe di Prodi, Ciampi, Andreatta e di altri esimi professori europeisti sono innegabili, come quelle dei partiti che li hanno sostenuti senza riserve, ma le responsabilità di questo scivolamento verso l’inferno sono bipartisan, non solo di Prodi e D’Alema che si sono alternati a Palazzo Chigi, ma anche di mister B. Quando si è capito che l’abbraccio dell’euro ci stava portando verso la morte sociale chi era al comando doveva quantomeno meno proporre un referendum per l’uscita dalla moneta unica, invece anche il Cav ha fatto il compitino, sulla scia degli altri camerieri piddini. Per non parlare poi del voltafaccia vergognoso nei confronti della guerra libica voluta dai francesi per mettere le mani sui pozzi petroliferi. Non si può stringere un patto con Gheddafi e poi andare a bombardarlo, come adesso non può venire a chiedere l’aiuto degli elettori dopo essere stati in grado di fare poco per il Paese. Non è stato un comportamento molto diverso da quello dei camerieri Prodi e D’Alema, anche se gli va senz’altro riconosciuto il forte legame con Putin, uno dei pochi punti fermi di questo terzo millennio, in virtù del quale abbiamo avuto il gas russo a prezzi di favore.
Tornando all’attualità politica non è per niente certo che la decadenza di mister B sia cosa fatta. Il voto in Giunta del Senato potrebbe anche slittare per evitare la caduta del governo, che conviene al Pd come al PdL, senza contare che Napolitano fa da collante. L’uno ha bisogno del nemico, l’altro ha necessità di una spalla per proseguire la sceneggiata che dura da quasi 20 anni.
E intanto il Paese affonda nella povertà e nel degrado.


Il Presidente
Gianni Massai

mercoledì 4 settembre 2013

Pensioni da fame e pensioni d'oro



Essere andati in pensione per poi trovarsi a dover morire di fame. Questo il destino che accomuna milioni di italiani, quasi sette milioni e mezzo, che ricevono meno di 1000 euro al mese. Una cifra ridicola dopo una vita di duro lavoro, che non permette sicuramente di condurre un livello decente di vita. Dall’altro fronte ci sono invece ben novecentomila persone che incassano più di 3000 euro al mese, cifra per difetto perché sono innumerevoli quelli appartenenti a categorie privilegiate, tipo ex gerarchi politici e al tempo stesso ex dirigenti di aziende pubbliche o dello Stato, che si sono ritagliati una pensione ad hoc ben sopra i 20000 euro. Situazioni che gridano vergogna e che a meno di un salutare colpo di mano da parte del Parlamento, impensabile viste le premesse, continuerà a persistere grazie anche alle sentenze di un’altra casta, quella dei magistrati, che difendendo i politici difendono loro stessi. Volendo fare un po’ di numeri, emerge che il 52,9% dei pensionati sono donne ma che il 56,1% della spesa è assorbito dalle pensioni degli uomini. L’importo medio annuo delle pensioni degli uomini è infatti di circa 14.500 euro contro gli 8.700 euro delle donne. Anche tra i pensionati sopra i 3.000 gli uomini fanno la parte del leone, 700 mila contro 200 mila. Una realtà ben conosciuta ma che i dati ufficiali dell’Inps hanno il merito di riportare all’attenzione dei cittadini per ribadire non soltanto le ingiustizie in campo pensionistico, ma anche l’esistenza di due Paesi ben separati e distanti l’uno dall’altro. C’è anche da segnalare che l’Inps, un tempo in attivo finanziario tra entrate ed uscite, dopo l’incorporazione dell’Inpdap si trova in perenne rosso. Si moltiplicano quindi le pressioni interessate per spingere ed obbligare i lavoratori attivi a rivolgersi ad una previdenza complementare che, a differenza dell’Inps ed essendo privata, finirà per trasferire sulle spalle del lavoratore il peso di una eventuale bancarotta che non può essere esclusa a priori. La situazione economica dei pensionati si è poi ulteriormente aggravata con la recessione in corso che sommata all’inflazione ha fatto crollare il potere d’acquisto. Milioni di famiglie, già penalizzate da tasse odiose e odiate come l’Imu e l’Iva, si sono trovate così in una situazione tragica che soltanto la politica, presa dal problema della propria sopravvivenza, sembra non vedere. Eppure, e il passato lo dimostra, è proprio da situazioni di povertà e di disagio come l’attuale, che nascono le rivolte di piazza e molto spesso pure le rivoluzioni.



Il Presidente Emerito
Gianni Massai